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Riso Arborio: caratteristiche ideali per il risotto della tradizione.

Riso Arborio di Baraggia DOP

Il riso Arborio è un classico ingrediente della cucina italiana, un riso storico nato nel 1946, un anno dopo il celebre Carnaroli.

Storia e caratteristiche del riso Arborio.

Selezionato da Domenico Marchetti, prende il nome dall’omonimo paese del Vercellese, Arborio, nel cuore della Baraggia. In particolare l’Arborio usato in questa ricetta fa parte del Riso di Baraggia Biellese e Vercellese DOP, coltivato a Salussola dall’azienda agricola di Carlo Zaccaria, Riso Zaccaria. Ho scelto di provare proprio questo Arborio perché la DOP garantisce l’autenticità della cultivar “Arborio classico”, mentre più del 90% dei risi commercializzati come Arborio contengono varietà Volano o CL388, due risi similari nati successivamente. Scelti per le buone performance in campo, hanno un chicco simile all’Arborio, ma la mia curiosità da sommelier del riso mi ha spinto a provare un riso Arborio autentico, coltivato nella sua zona di origine.

Il riso Arborio è famoso nel mondo come riso da risotto in quanto è la varietà che vanta il chicco più grande tra tutti. Di forma leggermente squadrata, è nato dall’incrocio tra Vialone (già padre del Carnaroli) per Lady Wright, uno dei primi risi a cariosside grande importato in Italia, giunto negli anni Venti dalla California per creare anche nel nostro Paese risi dal chicco più grande. A inizio secolo infatti l’Italia produceva principalmente risi tondi adatti alle minestre, basti pensare al Chinese Originario del 1904 o al Balilla del 1924. Con Arborio e Carnaroli inizia la vera tradizione dei risi da risotto, seguiti negli anni Sessanta da Roma, Baldo e S. Andrea.

Arborio vs Carnaroli.

Nati nello stesso periodo, Carnaroli nel 1945 a Paullo (MI) e Arborio nel 1946 ad Arborio (VC), i due giganti del risotto hanno in comune lo stesso padre, il Vialone. Perché allora gli chef sembrano preferire il Carnaroli? La differenza principale sta nel contenuto di amilosio: Carnaroli infatti ha un contenuto di amilosio superiore e questo gli conferisce un’ottima tenuta di cottura, superiore a quella dell’Arborio. L’altro motivo è che le coltivazioni di Arborio vero sono andate pressoché scomparendo, sostituite dalle varietà più produttive sopra citate. Un peccato, considerando che questa prova con autentico Arborio di Baraggia DOP mi ha regalato un risotto al dente e cremoso, proprio come vuole la tradizione.

Ecco la ricetta.

Risotto al vino rosso e robiola con timo.

Ingredienti per 3 persone

  • 250 gr di riso Arborio di Baraggia DOP Riso Zaccaria
  • mezza cipolla piccola dorata
  • 1 pezzo di robiola ai tre latti (Arcalini Formaggeria di passaggio)
  • 1 pezzo di burro di alpeggio
  • Vino rosso Coste della Sesia DOC Nebbiolo Travaglini
  • sale
  • pepe macinato al momento
  • timo fresco
  • opzionale: aceto balsamico (invecchiato in botti di rovere)

Preparazione

Tritate la cipolla e fatela soffriggere con un pezzetto di burro. Aggiungete il riso Arborio, fate tostare per 2 – 3 minuti a fuoco moderato, facendo insaporire il riso con il burro e la cipolla. Aggiungete il sale. Sfumate con un bicchiere di vino rosso; io ho usato un Coste della Sesia DOC Nebbiolo Travaglini, di Gattinara (VC). Fate consumare completamente il vino, quindi aggiungete acqua calda o brodo, a seconda dei vostri gusti (io ho usato acqua). Fate cuocere aggiungendo il brodo un po’ alla volta: il riso Arborio classico assorbe molto liquido, tenetelo girato per far rilasciare bene l’amido dai chicchi. Un vantaggio dei risi a basso amilosio è proprio la capacità di creare una naturale cremosità nel risotto. Dopo metà cottura, aggiungete anche i pezzetti di robiola, e continuando a mescolare per farli sciogliere.

La robiola che ho usato si trova di solito al mercato di Tortona, ma sono riuscita ad averla grazie ad un sito che vende i prodotti online e li consegna a casa, Oltreporto. Consigliatomi dall’amica Cristiana Sartori, produttrice di Carnaroli bio, questo sito tratta solo eccellenze agroalimentari del territorio, tra Piemonte e Lombardia, in particolare dell’Oltrepo Pavese (da cui il nome dell’attività).

Infine regolate di sale se serve e aggiungete del pepe se piace.  Io ho fatto cuocere il riso per 15 minuti ed è rimasto al dente. Ho scelto di non aggiungere burro e parmigiano perché era già dolce e cremoso per via della robiola. Ho impiattato e aggiunto alla fine del timo fresco e un goccio di aceto balsamico invecchiato in botti di rovere per conferire un po’ di acidità.

Un ottimo risultato grazie ad ottimi ingredienti di aziende familiari italiane.

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