Il biologico è in crescita nei consumi alimentari, ma l’offerta nel riso resta indietro. Così i risicoltori italiani investono in nuove le tecniche di coltivazione bio, come la pacciamatura.
Il biologico prosegue il suo trend di crescita a doppia cifra e nel 2016 raggiunge il tasso del +20% sulle vendite alimentari. Una ricerca di mercato Ipsos, pubblicata in occasione di Tutto Food 2017, ha messo in evidenza una maggiore attenzione del consumatore verso il cibo che arriva a tavola: oltre ad informarsi sulle proprietà delle materie prime, le persone controllano la provenienza, dando maggiore valore alle produzioni sostenibili a livello ambientale. Dietro a questo desiderio di tracciabilità, si colloca l’aumento della domanda di prodotti agroalimentari biologici, sicuri da un punto di vista dell’alimentazione umana, ma anche rispettosi dell’ambiente.
L’aumento delle colture biologiche in Italia riflette queste esigenze: nell’ultimo rapporto pubblicato, relativo a dati 2015, il Sinab (Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica) ha registrato un aumento della superficie biologica del 7,5%, che raggiunge il 12% della superficie agricola utilizzata, un record rispetto agli anni precedenti. Le regioni che fanno da traino si collocano nel Sud Italia, in particolare in Sicilia, Puglia e Calabria. Tra colture bio il grano la fa da padrone, andando a ricoprire quasi il 50% della produzione cerealicola, mentre il riso biologico, con i suoi 12.500 ettari, rappresenta soltanto il 6% della superficie coltivata a riso biologica, di cui circa un quarto dei terreni sono ancora in conversione.
Una produzione che non riesce a soddisfare la domanda crescente, tamponata provvisoriamente con le importazioni da Paesi Terzi: India, Pakistan e Thailandia concorrono insieme all’esportazione di quasi tutto il riso biologico verso l’Italia, con una crescita del 38%. In questa situazione di mercato, alcuni risicoltori italiani si stanno attrezzando per convertire i propri terreni verso la produzione biologica, testando tecniche di coltivazione che consentano di evitare l’utilizzo di additivi chimici in risaia.
In particolare in Piemonte e Lombardia, dove si concentra più del 90% della produzione di riso nazionale, alcune aziende hanno introdotto il sistema della pacciamatura, storicamente utilizzato per la coltura delle ortive e nel giardinaggio. Soltanto negli ultimi anni la pacciamatura ha fatto il suo ingresso nel settore del riso, grazie alla produzione di teli biodegradabili, composti di materiale organico, come patata e mais, che vengono stesi in risaia per impedire la crescita delle malerbe, senza utilizzare diserbi. Come si vede nel video, esiste un’apposita macchina in grado di stendere i teli pacciamanti, creando nello stesso tempo dei fori, all’interno dei quali vengono rilasciati i semi di riso. In questo modo la piantina di riso è in grado di crescere, mentre le malerbe restano soffocate sotto il telo coprente, che non lascia filtrare la luce.
I vantaggi del riso pacciamato sono evidenti non solo per l’ambiente, ma anche per il consumatore, che può trovare in commercio del riso biologico a zero residui chimici, anche nel caso del riso integrale, dove la lavorazione è più superficiale ed è maggiore la possibilità di trovarne nel prodotto finito. In pochi anni dalla sua introduzione la pacciamatura riguarda già circa il 10% della superficie a riso biologico in Italia: un tipo di coltivazione che rappresenta ancora una nicchia a livello nazionale, ma che lascia intravedere un futuro rivolto alla sostenibilità ambientale e alla qualità del prodotto.